Siete mai andati a prendere qualcuno all’aeroporto, soprattutto sotto le feste natalizie? La gente si accalca, fissando quelle porte che si aprono e chiudono, lasciando sfilare volti stanchi ma soddisfatti, preoccupati o speranzosi. Molti cercano con lo sguardo un volto familiare in mezzo alla folla, finché gli occhi non si incontrano e si ritrovano avvolti in un abbraccio.
Il 22 dicembre sono andata a prendere all’aeroporto di Ciampino un amico che tornava da Parigi. Al di là di una strana malinconia che mi è presa guardando il tabellone degli arrivi, leggendo i nomi delle città di provenienza, tra cui Dublino e Londra, pervasa da una gran voglia di partire, ho assistito a delle scene simili al finale del film Love Actually. Abbracci stritolanti, strette di mano, commozione, battute, sorrisi. Cani che giravano su loro stessi scodinzolando e ululando alla vista del loro umano, come caricati a molla.
Condividere non è solo un tasto presente sui social network, ma è una scelta di vita ben precisa. Quelle persone all’aeroporto avevano condiviso qualcosa, gli abbracci e la commozione negli occhi di chi li aspetteva ne erano la prova. I rapporti umani, gli affetti, si basano su questo, avere il coraggio di condividere le proprie emozioni e opinioni, benché magari discordanti. La condivisione è la più grande fonte di ricchezza. Confidarsi, ammettendo le proprie debolezze, confrontare il proprio punto di vista con quello altrui, magari ci porta a scoprire che, sbirciando da un ‘binocolo’ diverso dal nostro, si vedono cose nuove. Ci appaiono mondi sconosciuti e ci scappa un sorriso, persino una risata di soddisfazione, mentre l’anima ringrazia, perché non la si tiene confinata in una gabbia.
La traduzione è anche sinonimo di condivisione. Ogni cultura ha la propria ricchezza, che rimarrebbe intrappolata se qualcuno non facesse da mediatore, trasportando i contenuti da una lingua all’altra. È in questo modo che il patrimonio umano si moltiplica e si rafforza. Lo stesso vale per le notizie, è per questo che sappiamo in tempo reale cosa succede dall’altra parte del mondo. I popoli, le culture che non sanno comunicare conoscono solo il linguaggio del pregiudizio, della violenza e della guerra. L’unico modo per combattere le divergenze è abbattere i muri con tutte le proprie forze, cercando di rendere tutti partecipi e consapevoli. Questo ad esempio è anche l’obiettivo dell’associazione dei Traduttori per la Pace a cui ho da poco aderito.
Gennaio è un periodo particolare sotto certi aspetti. Foglio bianco, matita appuntita, la mina scorre sul foglio -‘shhhhhhhh’- dando forma a nuovi progetti, nuove idee. La mano è guidata da nuove ispirazioni che ribollono in petto e frullano in testa. Si vuole il cambiamento, si spera nella fortuna, ci scambiamo gli auguri, un po’ come se fossimo tanti marinai pronti a salpare per una nuova meta e che di certo incontreranno qualche tempesta lungo il tragitto. “Tanti auguri!” mi suona sempre come “buon viaggio!”. Perché di questo si tratta.
Se vogliamo raggiungere nuove mete, se desideriamo che questo viaggio sia più piacevole di quello precedente, dobbiamo far leva su noi stessi. Siamo noi la fonte del nostro cambiamento, questo richiede un gran lavoro. Fare mente locale e, perché no, buttare giù una lista degli obiettivi da raggiungere, in vista del prossimo giro di boa. Cosa ci manca? Cosa vorremmo per noi stessi, chi vorremmo essere? Una volta trovata risposta a queste domande, arriva il momento di prendere il timone in mano. Anche la farfalla resterebbe per sempre bruco se non si desse una mossa, no?
Pochi giorni fa sono andata a teatro a vedere Lo Schiaccianoci di Tchaikovsky. In quella parentesi magica, incorniciata da un sipario rosso, i ballerini sembravano essersi dimenticati della forza di gravità e, sperando che nessuno ricordasse loro le leggi della fisica, mi sono goduta lo spettacolo, lasciandomi ipnotizzare dalla musica che usciva dagli archi e dai flauti ondeggianti, mentre gli occhi erano invasi dai colori e dalla surreale e poetica leggerezza dei ballerini. In tutto questo, mi sono chiesta quanto sudore fosse nascosto dietro le quinte, a che velocità palpitassero i cuori avvolti in quei costumi colorati, quanta tensione fosse concentrata in quell’istante che precedeva il lento aprirsi del sipario. Quella tensione che poi si tramuta in energia, scaturita da una passione travolgente e avvitante, stregata dalla musica. Allora ho pensato, è così che deve essere. Io voglio essere una professionista così. Quella forte tensione che ti pervade ogni volta prima di iniziare, per poi tuffarsi a capofitto seguendo la ‘musica’, cercando di dare il meglio di sé. Sacrificio, passione e come risultato la poesia di un mestiere che si ama e che può migliorare, anche se in minima parte, il mondo in cui viviamo.
Un’altra cosa su cui il balletto e la musica in generale mi hanno fatto riflettere è il valore che diamo al tempo, cioè al modo in cui lo consumiamo. Durante queste feste ho ricevuto in regalo una Polaroid. Quand’ero piccola era una cosa particolare, perché ti permetteva di risparmiare tempo, la caratteristica principale era che non dovevi portare il rullino a sviluppare, perché entro pochi secondi la foto veniva stampata. Paradossalmente, oggi, una Polaroid ci invita a rallentare. Ormai siamo abituati a scattare innumerevoli foto col cellulare, alcune senza valore, tanto non si pagano, invece una polaroid le stampa (quasi) subito e sembra quasi troppo lenta. Alcuni si spazientiscono in attesa di quei ben 30-40 secondi che intercorrono tra lo scatto e la stampa. Eppure ti porta a valutare bene cosa mettere a fuoco, ogni scatto acquisisce nuovo valore e ti ritrovi in mano una frazione di tempo incorniciata, per te importante. È in ‘slow motion‘ che si notano particolari che ad occhio nudo sfuggono. È proprio vero che l’essenziale è invisibile agli occhi, soprattutto se corriamo troppo.
Spesso penso che servirebbero giornate di 48 ore per poter fare tutto quello che vorrei, poi però capisco che la grande sfida sta proprio nel considerare ogni giorno come un ‘capodanno’ e nel fare una selezione delle priorità, suddividendo saggiamente l’energia da dedicarvi. Facile a dirsi, ma questo è l’obiettivo a cui miro.
Se siete andati a vedere l’ultimo episodio di Star Wars, ricorderete di certo il nuovo droide BB-8, un po’ il cugino di R2-D2. Efficiente e preciso, da buon robot, sa però anche cosa significa essere fedeli e comunica con gli umani scherzando e preoccupandosi per loro, pur non potendo parlare la loro lingua. Perché saper interpretare e tradurre va al di là della lingua utilizzata, c’è un piano superiore che è quello dell’umanità e dell’empatia. Un tono di voce può cambiare tutto il significato di una frase. BB-8 è un personaggio a cui ci si affeziona, perché non solo è risolutore di problemi ma, nella sua robotica efficienza, è anche capace di empatia e credo che questi siano gli ingredienti che fanno di una persona un ottimo professionista e collega.
Quel che mi porto dietro dall’anno appena trascorso si può riassumere in 4 parole:
1) Energia, da ritrovare e saper incanalare nelle giuste cause, persone e direzioni, cercando di non mandarla sprecata inutilmente
2) Sfida, intesa come lotta con se stessi, contro le proprie paure e i limiti che pensiamo di avere.
3) Scoperta, frutto della curiosità e la capacità di analisi, componente fondamentale che deve far parte di ogni giorno. Non dobbiamo accontentarci di ciò che ‘sembra’. Nel caso del mio lavoro, ad esempio, non posso certo fermarmi alla prima definizione che mi viene in mente o che trovo sul vocabolario, si deve andare più a fondo.
4) Condivisione, intesa anche come confronto, quindi condivisione di punti di vista e opinioni diverse, perché solo così si cresce e si diventa GRANDI in tutti i sensi.
Allora, cosa fate ancora qui? Salpate l’àncora e sbrogliate le vele. Tanti auguri, cioè… Buon viaggio!
Al tavolo di Amalia di Laura Mattera Iacono dice
Sì Silvia, voglia di partire e di scoprire
silviaghiara dice
Esatto Laura, è proprio quello il motore di tutto 🙂
Al tavolo di Amalia di Laura Mattera Iacono dice
E tuttavia, Silvia, tu parli giustamente di “condivisione”. Ma oggi sembriamo tutti rannicchiati …
silviaghiara dice
Eh purtroppo è così infatti. Mentre scrivevo, pensavo a una persona in particolare con cui ho avuto a che fare durante questo anno, che non solo è rannicchiata in se stessa, ma vive con i paraocchi, convinta di non aver mai torto ed è completamente disinteressata al confronto. Paragonando questo tipo di persona ad altre che ho avuto la fortuna di incontrare, con cui invece c’è uno scambio di informazioni, opinioni e pensieri, da lì è nata la mia riflessione sull’importanza del confronto e la condivisione. Se non ti confronti, se non condividi nulla, se non ti apri mai, vivi a metà. 🙂