Lionel: “Perché mai dovrei sprecare il mio tempo ad ascoltarvi?!
Bertie: “Perché ho il diritto di essere sentito! Io ho una voce!
Bertie, futuro Re d’Inghilterra, è un principe senza voce. Le sue parole inciampano continuamente in un goffo balbettìo, che lo inchiodano in un silenzio imbarazzante. Succede anche al suo primo discorso radiofonico ufficiale, dove milioni di persone in ascolto aspettano invano che il Principe riesca a pronunciare due parole di fila. Perennemente furibondo con sé stesso e ormai sconfortato, la moglie lo trascina da Lionel, un logopedista diverso dagli altri, capace di far capire al Principe il suo valore e dandogli il coraggio di usare la propria voce. Dopo un contrastato percorso di crescita, Bertie vince la sua battaglia con le parole. Lionel, terrà testa alle insicurezze del Principe, punzecchiandolo, provocandolo e sostenendolo fermamente, fino a che Bertie non sarà capace di pronunciare finalmente un discorso dalle parole sicure ed emozionanti, degno di un Re che parla al suo popolo.
Mi ha sempre colpito la storia di Re Giorgio VI, l’uomo che ha ritrovato la voce e le sicurezze perdute. Se la lingua è la veste del pensiero, è tramite la voce che questa prende corpo, colore e calore. Ma c’è qualcosa che va ben al di là dei foni di una lingua, è quell’essenza che traccia il profilo di una persona, con il suo ‘timbro’ inconfondibile.
Mi viene in mente un personaggio opposto a quello di Bertie, cioè Adrian Cronauer, l’aviatore/ disc Jokey la cui voce diventa appiglio e punto di riferimento per i soldati in guerra nel Vietnam. Robin Williams, con il suo “Gooooooooood morning Vietnam!” ha interpretato questo personaggio, incarnandolo con il ritmo frenetico delle sue battute, colorandolo a modo suo con l’energia e la sensibilità che lo caratterizzavano. A sua volta anche il suo doppiatore ha dovuto reinterpretare quella voce, impegnandosi a mantenerne il ‘colore’ intatto.
La voce è uno dei principali elementi che gli attori cercano di far proprio per entrare nel personaggio. I doppiatori italiani, quelli bravi, a loro volta sono attori ‘dietro le quinte’ con la responsabilità di preservare l’intensità dell’interprete. Il traduttore in questo ingranaggio, ha una grandissima responsabilità. Uno dei suoi compiti, nel settore audiovisivo, è quello di tradurre i copioni, che poi vengono adattati dal dialoghista, per essere finalmente doppiati. In questa catena di montaggio, se traducendo non si è saputo rendere il ‘timbro’ del personaggio, il doppiatore reinterpreterà una voce falsata.
Proprio di consapevolezza e capacità di ascolto si è parlato al laboratorio di traduzione francese a Pisa, organizzato da STL “Una voce vera, tradurre dialoghi e monologhi” tenuto da Yasmina Melaouah, particolarmente nota per le sue traduzioni di Daniel Pennac. In quella bella atmosfera che si crea quando si ritrovano delle persone con la volontà di imparare, confrontarsi e ascoltarsi a vicenda, Yasmina ci ha detto quanto sia importante mettersi in ascolto delle voci che ‘risuonano’ tra le pagine di un testo letterario: quella del narratore, con la sua personalità e il suo stile, interrotta dalle virgolette che introducono la voce dei personaggi, con altrettante personalità e tic linguistici da individuare e saper riprodurre.
Si è sottolineato quanto sia importante attingere dal proprio vissuto linguistico, quello che appartiene ai nostri ricordi ma anche alle esperienze della vita di ogni giorno. In metro, al supermercato, in palestra, in banca, sentiamo la gente parlare, noi stessi comunichiamo in modi diversi, secondo i contesti sociali ed emotivi. Questo è il bacino linguistico di cui dobbiamo servirci quando si vuole dar vita a dei personaggi, in modo da staccarli dalla pagina e renderli tridimensionali al lettore. Si è anche detto come la lingua letteraria rappresenti un’alterità al quadrato, cioè una lingua straniera all’interno della lingua, e tale deve rimanere nelle traduzioni. Quindi è importantissimo non cedere alla tentazione di sciogliere nodi sintattici complessi perché, se fanno parte dello stile dell’autore, rischieremmo di ammutolirne la voce.
Alla fine di quella giornata a Pisa ero felice, perché avevo rivisto amiche e colleghe, come Ramona, e perché ho sentito di aver acquisito un po’ di consapevolezza in più di quello che è il mio lavoro e di come svolgerlo con professionalità ed equilibrio.
Insomma, ascoltare la voce del testo (come ha scritto Franca Cavagnoli), è indispensabile per sviluppare un orecchio finissimo e una sensibilità che ci permetteranno di acquisire una forte consapevolezza di ciò che abbiamo davanti, solo così avremo le idee chiare di come procedere.
Non so se avete mai notato che, in certi contesti, in inglese l’espressione “I hear you”, che letteralmente sarebbe ‘ti sento’, può significare proprio “ti capisco”. Quella dell’ascolto infatti è una fase fondamentale per comprendere cosa e chi abbiamo davanti, sono l’ascolto e la sensibilità che permettono all’empatia di innescarsi.
La lingua è come una musica, ogni melodia ha un suo carattere un suo ritmo, un suo messaggio, e noi dobbiamo saper interpretare tutti questi aspetti, riuscendo a mantenere intatte nel processo lavorativo tutte le sfumature iniziali.
Capita spesso nella vita di sentirsi come Bertie, incapaci di esprimere quello che pensiamo e sentiamo, ma il traduttore con il testo, così come Lionel con il suo regale allievo, ha l’opportunità e il dovere di preservare questa voce, rafforzandola e valorizzandola nel processo di trasformazione da una lingua all’altra. Così, rompendo il silenzio e sciogliendo le incomprensioni causate dalle differenze linguistiche, otterremo una traduzione senza balbuzie che arriva dritta al cuore di chi legge.
L’ha ribloggato su La bottega dei traduttorie ha commentato:
Un interessantissimo articolo di una delle nostre traduttrici della bottega, Silvia Ghiara.
Un interessante articolo sulläimportanza della voce…e sull’evento a Pisa…grazie:-)
Grazie a te! ^_^
Ascoltare non è forse un problema dell’epoca moderna? E Silvia ci parla splendidamente dell’ascolto come fondamentale competenza di noi traduttori, grazie!!
Grazie Chiara, di cuore 🙂 ….
Mi ha colpito l’idea di una “traduzione senza balbuzie che arriva dritta al cuore”. Rende bene l’idea. Attendo curiosa i prossimi articoli, Lucia
Grazie mille Lucia…mi fa davvero piacere 🙂 a presto!